Nel Luglio ’94 era appena stato presentato il famoso decreto salva ladri, che faceva si che i ladri di miliardi potessero battersela in Svizzera coi soldi, mentre chi ruba una gallina per fame giustamente si fa i suoi annetti di galera. Era appena stato enunciato questo sacrosanto principio e su un muro di una trafficatissima via di Aosta compare una scritta spray in bella calligrafia: "Ladri e ladroni ringraziate Berlusconi". La scritta è stata accolta col solito sorriso bonario dei valdostani che non si impicciano delle noiose storie degli italiani. Carabinieri e digosauri, invece, sono italianissimi e dopo un paio di settimane la scritta viene accuratamente cancellata da vernice grigio chiaro. Ma, orrore, dopo un giorno lo sfregio ricompare tale e quale, stessa calligrafia stessa scritta "Ladri e ladroni ringraziate Berlusconi". Ma allora insiste! Qualche pacioso valdostano oltre al sorriso abbozza la risata, non troppo forte però, e senza farsi vedere dagli altri naturalmente, però sempre risata di scherno è. Due settimane e gli italiani in divisa ritornano con la loro vernice grigia e la scritta riscompare. Il giorno dopo i valdostani rallentano un po’ davanti alla scritta, c’è ancora una volta scritto qualcosa ma è diverso, questa volta c’è scritto "...cancellate, tanto ladri restate!".
C’è di che rotolarsi dalle risate, i valdostani lo fanno ma nella privacy di casa loro, mai in pubblico! Questa volta lo spray ha colpito duro, e magari oltre al solito digosauro è stata tirata in ballo la psicopolizia per cercare di carpire il segreto di questo disegno chiaramente eversivo. Mi spiace, non è eversione, non è nulla di particolarmente efficace, è soltanto un piccolissimo attimo in cui la città invisibile emerge dalle sue tenebre per diventare esplicita, visibile, esiste!!! Ebbene si lo ammettiamo in quella città ci viviamo anche noi. È la città di quelli che non esistono. I nostri condottieri eletti dal popolo rappresentano tutti gli italiani e li guidano verso luminosi destini, noi non siamo mai stati rappresentai da nessuno e quindi non esistiamo, semplice no? Viviamo in quella città che non ha fedi, partiti e condottieri, in quella città dove ognuno deve ringraziare solo sè stesso per quello che ha e che sa fare, dove le ginocchia sono pulite perchè non ci si prostra davanti a nessuno. Non é la città dei vincenti é la città di quelli che non scendono nemmeno in campo perchè il loro campo nessuno sa dove sia. È la città senza destra e senza sinistra perchè li non significano più nulla. È la città fatta di persone e non di cose. Non la cercate con le cartine, cercatela con gli occhi della curiosità scoprirete che ù più grande e più bella di quello che credete.

WHAT IS HE (D. H. Lawrence)
Che cos’? è
- Un uomo, naturalmente.
Si, ma cosa fa?
- Vive, ed ? un uomo.
Certo, ma deve pur lavorare. Avrà una qualunque occupazione.
- Perchè?
Perchè si vede che non appartiene ad una classe agiata.
- Non so. Ha molto tempo per sè, e fa delle bellissime sedie.
Qui ti volevo! Allora è un ebanista.
- No, No!
Insomma un falegname.
- Nient’affatto.
Ma l’hai detto tu.
- Che cosa avrei detto io?
Che faceva sedie, era un falegname.
- Ho detto che faceva sedie, non che è un falegname.
Va bene. Allora le fa per diletto?
- Forse! Secondo te, un tordo è un flautista di professione, o solo un dilettante?
Direi che è soltanto un uccello.
- E io dico che lui è solo un uomo.
Ho capito! Cavilli sempre.

Ho provato almeno cento volte a scrivere qualche riga per commentare questi versi di Lawrence, ma ogni volta mi ? sembrato di non riuscire a rendere bene l’idea delle sensazioni provate e di cui avrei voluto rendere partecipi anche gli altri. Ogni volta il pensiero non era completo e al confronto la poesiola riusciva ad evocare immagini e paralleli molto più intensi delle quattro righe che io buttavo giù blaterando a proposito dell'egoismo, di come ognuno avrebbe potuto interpretare la metafora del “fabbricare delle belle sedie” a seconda delle esperienze vissute e di quanto siamo tutti maledettamente abili nel forzare il significato di gesti e parole molto semplici per cercare conferme alle nostre convinzioni. Per questo motivo non dirò nient’altro ... ecco, l’uomo che fa delle bellissime sedie potrei essere io; per favore non mi rompete i coglioni!
Sergio

KINA Citta' invisibili

Strade divise
Non c'è scampo
Il tempo passa
Taglia il buio
Città invisibili
I suoi passi
Ogni giorno (percorsi a migliaia)
Le tue bombe nel mio giardino
La mia faccia
Quei disegni
É difficile
Flyer
Il nostro forte
Ripresa

"L’atlante del Gran Kan contiene anche le carte delle terre promesse visitate nel pensiero ma non ancora scoperte o fondate: la Nuova Atlantide, Utopia, la Città del Sole, Oceana, Tamoè Armonia, New-Lanark, Icaria. Chiese a Marco Kublai: - Tu che esplori intorno e vedi i segni, saprai dirmi verso quale di questi futuri ci spingono i venti propizi. - Per questi porti non saprei tracciare la rotta sulla carta nè fissare la data dell'approdo. Alle volte basta uno scorcio che s’apre nel bel mezzo d’un paesaggio incongruo, un affiorare di luci nella nebbia, il dialogo di due passanti che s'incontrano nel viavai, per pensare che partendo di li metterò assieme pezzo a pezzo la città perfetta, fatta di frammenti mescolati col resto, d'istanti separati da intervalli, di segnali che uno manda e non sa chi li raccoglie. Se ti dico che la città cui tende il mio viaggio è discontinua nello spazio e nel tempo, ora più rada ora più densa, tu non devi credere che si possa smettere di cercarla. Forse mentre noi parliamo sta affiorando sparsa entro i confini del tuo impero; puoi rintracciarla, ma a quel modo che t’ho detto. Già il Gran Kan stava sfogliando nel suo atlante le carte delle città che minacciano negli incubi e nelle maledizioni: Enoch, Babilonia, Yahoo, Butua, Brave New World. Dice : - Tutto è inutile, se l’ultimo approdo non può essere che la città infernale, ed è là in fondo che, in una spirale sempre più stretta, ci risucchia la corrente. E Polo: - L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, dargli spazio."
Italo Calvino da "LE CITTÀ INVISIBILI"